
Buongiorno. Potrebbe gentilmente presentarsi?
Sono Mons. Carlo Maria Polvani, sono Consigliere nel Corpo Diplomatico della Santa Sede e ricopro attualmente l'incarico di Sottosegretario aggiunto del Pontificio Consiglio della Cultura.
Dietro alla relazione diplomatica oggi esistente tra Italia e Santa Sede c’è sicuramente una storia comune. Potrebbe brevemente delinearne le principali tappe, che ancora oggi caratterizzano il loro rapporto?
Il rapporto fra la Santa Sede e l'Italia è millenario. La Santa Sede, nella sua espressione giuridica, esiste sin dall’alto Medio-Evo e i Suoi rapporti con i poteri civili hanno forgiato la storia dell'Europa (si pensi alla complessa “lotta sulle investiture” del XI secolo) e anche quella del mondo intero (si pensi alla “controversia sui riti cinesi” del XVII secolo). Nel caso dell'Italia, la relazione è stata particolarmente ricca e altrettanto complessa. Una tappa, per così dire relativamente recente, è stata la fine degli Stati pontifici con la presa di Porta Pia nel 1870, che ha portato con sé apertura della famosa “questione romana” e che si è conclusa con i Patti Lateranensi dell’11 febbraio 1929 fra la Santa Sede e il Regno d’Italia. Questa data è a tutt'oggi quella della nascita dello Stato della Città del Vaticano. Molto significativa però è stata anche la firma, nel 1984, degli Accordi di Villa Madama (conosciuti anche come “nuovo concordato”) tra la Santa Sede e la Repubblica italiana. Non a caso, è tradizione che, ogni anno, intorno alla data dell’11 febbraio, i massimi vertici della Santa Sede e quelli dell'Italia si incontrino a Palazzo Borromeo, sede dell'Ambasciata d'Italia presso la Santa Sede.
Come definirebbe la relazione attuale tra Italia e Santa Sede?
La relazione attuale fra la Repubblica italiana e la Santa sede è a dir poco ottima: esiste fra i due una profonda amicizia e un vero spirito di collaborazione non solo a livello bilaterale ma su tante aree che riguardano il livello multilaterale. Il fatto che la Santa Sede sia geograficamente collocata nel cuore dell’Italia, come il fatto che, culturalmente parlando, l’Italia sia stata la culla del cattolicesimo (si pensi alla Divina Commedia o al primo scritto in italiano moderno nel Cantico delle Creature) rendono la relazione Santa Sede Italia del tutto unica.
Come avviene la comunicazione tra Italia e Santa Sede? In che modo, invece, si svolge la nomina dei nuovi vescovi? Solitamente, le due parti si trovano in accordo su questa scelta?
In senso stretto, le comunicazioni fra la Santa Sede e la Repubblica italiana si svolgono attraverso il Ministero degli Affari Esteri (la Farnesina) e la Seconda Sezione (la Sezione per i rapporti con gli Stati) della Segreteria di Stato e, per alcune aree di specifica competenza, anche il Governatorato dello Stato della Città del Vaticano. Ma le relazioni speciali che legano i due Paesi fanno sì che moltissimi altri contatti sono di fatto molto frequenti e questi includono l’importante partecipazione della Conferenza Episcopale Italiana. La nomina dei vescovi italiani è competenza del Santo Padre e non è sottoposta a un regolamento di natura negoziale fra i due Stati.
Esistono tematiche sulle quali Italia e Santa Sede possiedono posizioni divergenti? E quali sono, invece, le questioni che riescono meglio ad accumunare le due visioni?
Sono relativamente poche le aree in cui le posizioni della Santa Sede e della Repubblica italiana sono divergenti. A livello dell'azione diplomatica bilaterale e soprattutto in ambito multilaterale, la Santa sede e l'Italia agiscono spesso con proposte simili, poiché in tante questioni (difesa dei diritti umani, politiche migratorie, tutela dei deboli per nominarne alcune) l'Italia e la Santa Sede trovano ampie convergenze tra le loro posizioni. Ovviamente, i processi legislativi italiani e gli organi dell’Esecutivo italiano agiscono in forma del tutto indipendente e conformemente ai limiti della Costituzione italiana; nei rapporti più stretti e puntuali che riguardano le questioni nazionali, il Legislativo e l'Esecutivo italiano fanno riferimento, come in molte altre nazioni, soprattutto alla Conferenza Episcopale Italiana.
Quali pensa siano i risultati più importanti raggiunti grazie alla cooperazione bilaterale?
Penso che, storicamente parlando, le relazioni tra l'Italia e la Santa Sede sono stati un grande successo diplomatico che è dipeso in fine dei conti, dalla capacità di entrambi di far evolvere, a seconda dei mutamenti storici e sociologi, il quadro normativo di riferimento delle loro relazioni. Si pensi a questo quadro rispetto: alle garanzie in ordine alla missione salvifica, educativa e evangelica della Chiesa cattolica; alla libera organizzazione ecclesiastica in Italia; alle norme sugli edifici di culto; al rispetto delle festività religiose; agli effetti civili del matrimonio canonico; alla parificazione delle scuole cattoliche; alla tutela e alla valorizzazione del patrimonio artistico e religioso... ma andrebbe anche sottolineato come la Santa Sede e la Repubblica italiana lavorino assiduamente e in collaborazione con i Vescovi italiani, per risolvere amichevolmente e efficacemente, i casi di difficoltà interpretative o applicative dei loro accordi, attraverso il lavoro alacre di un'apposita Commissione paritetica.
Ci sono delle riflessioni o delle particolari esperienze che vorrebbe condividere?
Avendo lavorato in Messico presso la Nunziatura Apostolica posso testimoniare di un'esperienza che penso molti diplomatici vaticani hanno avuto con i loro colleghi italiani. Ossia l'appoggio e la simpatia che le missioni diplomatiche italiane hanno nei confronti della Santa Sede. Va quindi lodato l'aiuto dell'Italia per tante missioni umanitarie ecclesiastiche e la continua disponibilità nei confronti degli sforzi della Chiesa in favore della protezione delle popolazioni più bisognose d'aiuto.